martedì 26 agosto 2008

daisy sweetlife

Margherita Dolcevita
Margherita è una ragazzina un po’ sovrappeso. Ama i libri e la musica. Ha una famiglia umanamente stordita, un cane improbabile e vive in una casetta normale. Cerca di farsi soprendere dal mondo e incuriosire dalla vita. Accanto alla sua casa viene eretto un enorme cubo nero, un condominio super-iper-mega modernista con schermi a retroproiezione composti da pixel che sostituiscono le finestre, piante finte per evitare le allergie, vetri che non fanno filtrare il sole, aria biobonificata igienizzata, allarmi di ogni fattezza, televisori ultragiganti con fermo immagine, zoom, stabilizzatore antiriflesso e colori regolabili in tutta la gamma cromotonale. E altre astruse diavolerie per rendere l’esistenza sempre più lontana da ogni odore-sapore-visione reale. In quel cubo vive la famiglia Del Bene che, neanche troppo piano piano, produce un’autentica rivoluzione nella sua famiglia, trasformando con un’opplà carpiato il passato in un quotidiano che ai suoi occhi si presenta come un progressivo incubo, palude in cui vede le persone agire come attori da soap opera e vite a puntate scritte in canovacci che si esaltano con meschinità e intrighi . A briglia sciolta l’igienizzazione dei sentimenti, l’anestesia del pensiero, l’asetticità delle abitudini, la progressiva disneyzzazione delle forme fisiche umane, la chiusura dell’universo nel proprio particulare che si alimenta di terrore gonfiato e paure autoprodotte, la celebrazione del modello unico. Evidente dove si trovi questa comunità. Nella quale Margherita, beata gioventù, proprio non ci sta a decolorare il suo sguardo. Un altro mondo è possibile, pensa. Perché era tra noi solo qualche minuto fa, prima che questa sbornia di sicurezza all’atrazina e cin cin diserbante ci adulterasse l’esistenza. Margherita resiste. Anzi resiste, resiste, resiste. E la sua dolcezza troverà in qualche modo un approdo. Eppure dentro il linguaggio della tenace Margherita, nel cuore delle parole che sceglie per esprimere il suo stupore c’è un autore che di anno in anno pizzica sempre di più la corda della malinconia e i tasti della disillusione. Che ha sostituito l’ironia col sarcasmo, il grottesco gioioso con lo humour nero. Stefano Benni scriveva samba, oggi suona tango, domani forse comporrà un fado. Musica dell’anima. Mica per camaleonti. Margherita crescerà cosciente della deriva odiosa del mondo, non si confonderà mai, pensiamo, con uomini e donne col cervello domiciliato in un sms. Ma diventerà adulta ben prima di quanto ci arrivarono, un esempio a caso, i ragazzi e le ragazze che ascoltavano Beatles, Rolling Stones e Janis Joplin, quando la swinging London e il flower power erano pulsioni ed energia che si trovavano in strada e non nei libri fotografici. Margherita con ogni probabilità stringerà conoscenza, se non proprio amicizia, con i personaggi de “La banda dei brocchi” e del “Circolo chiuso” di Jonathan Coe, di certo conservando la sua personale Arcadia in quella cassaforte che si chiama vita intima, ma non riuscendo a godere della compagnia del Piccolo Principe.
A.

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